Il 1917 fu un anno di relativa calma sul fronte dell'Adamello, ad eccezione del periodo in cui si svolsero le operazioni che portarono gli alpini alla conquista del Corno di Cavento (m. 3402), l'importante caposaldo avanzato austriaco che costituiva una seria minaccia per l'ala destra del nostro schieramento.
L'azione ebbe inizio nelle primissime ore del 15 giugno e si svolse con cronometrica regolarità: la vetta della montagna, sistemata a fortilizio, venne tenuta per più ore sotto un martellante bombardamento da parte di un imponente complesso di artiglierie d'ogni calibro, mortai e bombarde, in modo che i difensori non ebbero neppure il tempo e il modo di alzare la testa dai loro rifugi. L'attacco venne effettuato dal battaglione «Val Baltea» suddiviso in diversi gruppi d'assalto che si arrampicarono lungo la cresta nord e il ripido versante ovest della montagna, mentre dal lato della vedretta di Lares si mossero in formazione sparsa due battaglioni di alpini sciatori che attrassero l'attenzione e il fuoco del nemico, assalendo una linea di 20 ridottini scavati nel ghiacciaio e collegati da gallerie con la parete est del Corno di Cavento.
Verso le ore 13, dopo tre ore e mezzo di combattimento gli alpini del «Val Baltea» occupavano le posizioni della vetta, mentre i Kaiserjáger superstiti del presidio si salvavano con la fuga in direzione delle retrostanti linee fortificate del Folletto e del Carè Alto.
Da queste posizioni, esattamente un anno dopo, reparti d'assalto austriaci ripartirono alla riconquista del Corno di Cavento, che effettuarono mediante lo scavo di una galleria nel ghiacciaio e un violento assalto contro la compagnia alpina che difendeva l'avamposto sulla vetta e il «trincerone» sul lato del ghiacciaio. Ma gli alpini non si diedero per vinti, e lo stesso battaglione «Val Baltea», già protagonista della prima conquista, ne rientrava in possesso dopo circa un mese, con le stesse modalità operative della precedente azione.
Il 1918 fu un anno di prove durissime e di combattimenti sanguinosi per le truppe dell'Adamello: in maggio venne finalmente portato a termine un attacco combinato in direzione della Conca di Presena e dei Monticelli per rafforzare le nostre linee sul Passo del Tonale. In un primo tempo fu condotto l'attacco contro il Passo Maroccaro e le Cime di Presena e Zigolon, cui fecero seguito azioni concentriche contro alcune ridottine in Conca Presena, tra cui la famosa «Sgualdrina», e l'assalto al Passo Paradiso e alla cresta dei Monticelli.
In questa azione, la più impegnativa e complessa di tutta la «guerra bianca», vennero impegnati i battaglioni «Monte Mandrone», «Monte Cavento», «Edolo», «Pallanza», «Monte Grancro», «Monte Rosa», «Tolmezzo», «Val Brenta», e il III reparto d'assalto "Fiamme Verdi", nonché plotoni di arditi, compagnie di mitraglieri e bombardieri, batterie d'artiglieria d'ogni calibro, reparti del genio e servizi d'ogni genere. Dopo accaniti combattimenti, il successo arrise alle truppe italiane, anche se non riuscirono del tutto a scacciare gli austriaci dalle ultime propaggini dei Monticelli.
A metà giugno il Passo del Tonale divenne l'obiettivo di una grande offensiva austriaca, in concomitanza con analogo tentativo di sfondamento delle linee sul Piave. L'imponente attacco in forze mirava al raggiungimento di obiettivi strategici e risolutivi, costringendo a tenere divise le forze italiane su più linee di difesa. Sul Tonale la lotta infuriò durissima per circa due giorni, dopo i quali gli attaccanti desistettero da ogni ulteriore tentativo. L'offensiva che era stata denominata «Valanga», non riuscì a travolgere gli alpini, i quali tennero fede all'antico motto del Corpo: «Di qui non si passa!».
In agosto si svolsero ulteriori azioni per conquistare le posizioni del Menecigolo, delle Marocche e del Passo dei Segni, che dominavano la Conca del Mandrone ed ostacolavano ogni nostra ulteriore avanzata in Val di Genova. Il I novembre 1918, quando ormai si era già delineata la nostra vittoria sul Monte Grappa e sul Piave, gli alpini dell'Adamello sferrarono l'assalto decisivo contro le ancora temibili fortificazioni del Tonale, aprendo la via verso il Passo della Mendola in modo da tagliare le vie di ritirata all'esercito sconfitto.